Linea Medica
Il barotrauma polmonare
Introduzione:
Il barotrauma polmonare è una condizione tipica dell’apnea. I subacquei con autorespiratore non ne sono consapevoli e, purtroppo, anche molti medici non ne hanno mai sentito parlare né tantomeno hanno imparato a curarla. Attorno a questo fenomeno poco definito e poco capito sono nate una varietà di leggende metropolitane. E allora “tuffiamoci” nell’argomento e speriamo di non doverci spremere troppo il cervello!
Definizione:
Il barotrauma polmonare è conosciuto anche come schiacciamento del torace o più formalmente come barotrauma polmonare da discesa (di seguito indicato come “PBT”, con acronimo inglese).
Quindi, il PBT è: Danno o lesione ai polmoni dovuto agli effetti dell’aumento della pressione ambiente sugli spazi aerei chiusi dei polmoni nelle immersioni in apnea.
La descrizione si riferisce a ciò che succede ai polmoni a causa dell’aumento di pressione durante la discesa. Alcuni esperti includono lo schiacciamento della trachea nel concetto più ampio di PBT.
Ora, utilizzando questa definizione poco precisa, consideriamo quali sono in realtà questi effetti; come agisce l'aumento della pressione ambiente sugli spazi gassosi chiusi dei polmoni?
Fisica e fisiologia:
Per capire meglio il PBT dobbiamo rivedere qualche nozione di base di fisica e di fisiologia.
Prima di tutto, la legge di Boyle: “Il volume di una data massa di gas è inversamente proporzionale alla sua pressione, se la temperatura rimane costante.”
Questa legge spiega che il volume di un gas in un sistema, o uno spazio, chiuso diminuirà mano a mano che la pressione ambiente aumenta, e viceversa. Nell’apnea i nostri polmoni sono lo spazio chiuso contenente gas, e l’aumento della pressione ambiente è dato dalla pressione idrostatica durante la discesa. Ogni 10 metri di acqua di mare si aggiunge 1 atmosfera (ATA) di pressione. Osserviamo che la diminuzione di volume che si verifica mentre la pressione aumenta segue una curva esponenziale, come mostrato nella Figura 1 qui sotto:
Profondità |
ATM/BAR (Atmosfere di pressione) |
Volume polmonare |
Rapporto tra i volumi |
0 m |
1 |
8 l |
1 |
10 m |
2 |
4 l |
½ |
20 m |
3 |
2.66 l |
1/3 |
30 m |
4 |
2 l |
¼ |
Fig. 1
È inoltre necessaria una conoscenza di base del volume polmonare. La capacità polmonare totale (CPT) di un uomo alto 1,7m che pesa 70kg è di circa 7 litri. Svuotando completamente il polmone, il volume minimo che rimane è chiamato volume residuo (RV). Gli altri volumi non sono rilevanti ai fini di questo articolo e sono menzionati per completezza.
La Figura 2 più sotto mostra i costituenti e i volumi polmonari di un apneista.
Fig. 2
CPT = Capacità polmonare totale
CV = Capacità vitale
CFR = Capacità funzionale residua
VR = Volume residuo
VRE = Volume di riserva espiratorio
VRI = Volume di riserva inspiratorio
VC = Volume corrente
In passato si riteneva che il volume residuo (VR) fosse il volume minimo che i polmoni potessero raggiungere prima che iniziassero a verificarsi danni meccanici. In altri termini, sarebbe stato sicuro scendere in apnea fino a una profondità alla quale l’effetto di schiacciamento sui polmoni non avesse causato una riduzione del volume al di sotto del volume residuo. Il VR è generalmente il 20-25% del volume polmonare totale dopo un’inalazione profonda. Di conseguenza, secondo la legge di Boyle, il VR si raggiungerebbe intorno ai 35-45 metri di profondità (ossia dalle 4,5 alle 5,5 ATA) che sarebbe quindi il limite dell’immersione in apnea. Ovviamente non è così, visto che i record di immersione in apnea attualmente superano la profondità di 200 metri. Questo fatto ha stimolato altre scoperte relative ai meccanismi fisiologici in gioco. A parte il reale collasso parziale della cavità toracica stessa, l’altro importante meccanismo di compensazione è il convergere del sangue verso gli organi centrali, ossia nel torace, dai tessuti vicini. Questo consente l’accumulo fino a 1,5 litri di sangue nei vasi sanguigni del torace.
Essenzialmente l’afflusso di sangue nel torace compensa il gradiente pressorio quando viene raggiunto il VR e di fatto lo riduce, permettendo così di arrivare in sicurezza a profondità più elevate. Tale meccanismo aumenta la pressione nel letto vascolare polmonare e nei capillari polmonari con conseguente possibilità di lacerazioni ed emorragie.
In pratica, in campioni d’apnea bene allenati questi meccanismi consentono ai polmoni di comprimersi fino a circa il 5% della capacità polmonare totale. Ciò porta a chiedersi se questo non stabilisca il limite estremo per le immersioni in apnea. Non è raro che anche atleti di alto livello tossiscano sangue, e le loro imprese non sono alla portata di tutti!
Sintomi e segni:
Sebbene possa sembrare che il PBT sia possibile solo in immersioni molto profonde, il PBT si è verificato anche a profondità moderate – tipicamente con immersioni ripetitive e intervalli di superficie brevi, anche a non più di 4 metri. Ci potrebbero essere altri meccanismi in atto, oltre allo schiacciamento. Sappiamo che nei polmoni un accumulo di fluidi può verificarsi semplicemente per il fatto di essere in acqua (come accade anche stando immersi con la testa fuori dall’acqua) o nuotando in superficie. Caratteristiche anatomiche, fisiologiche e patologiche individuali, variazioni giornaliere, hanno tutte un ruolo nello sviluppo del PBT.
Non tutti i casi di PBT vengono riconosciuti quando si verificano. Qualche sintomo è momentaneo. Altri possono essere confusi con quelli di comuni malattie toraciche come l’influenza o la polmonite. Quando il PBT si manifesta ed è riconosciuto presenta i seguenti sintomi (riferiti dall'infortunato) e segni (anomalie oggettivamente riscontrabili):
Sintomi: dolore toracico; respiro corto; sensazione di avere liquido nei polmoni; tosse, affaticamento; senso di costrizione, compressione del torace durante la discesa; vertigini; nausea; debolezza; parestesia; fiacchezza.
Segni: iperventilazione; tossire sangue rosso vivo; tossire sangue schiumoso, vomito; difficoltà respiratorie; disorientamento; perdita di conoscenza, conseguenze neurologiche; arresto cardiorespiratorio; morte.
La lunga lista evidenzia come le manifestazioni del PBT possano essere da leggermente fastidiose a fatali. In quanto alla durata, può essere molto breve o andare avanti per mesi. Le recidive sono comuni e sollecitano quesiti sui danni permanenti.
Evitare e mitigare:
Sia che siamo apneisti di alto livello o persone che semplicemente passano tanto tempo in acqua, vale la pena tenere presenti i seguenti consigli per cercare di mitigare o evitare il PBT:
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Manteniamo la forma fisica, soprattutto l’efficienza respiratoria.
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Lavoriamo sulla tolleranza alla CO₂ per ridurre le contrazioni diaframmatiche, ossia quel riflesso involontario su glottide o bocca chiusa che gli apneisti provano nel momento in cui raggiungono il limite fisiologico e i livelli di CO₂ stimolano la respirazione.
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Facciamo un buon riscaldamento per ridurre le contrazioni in profondità.
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Evitiamo di iperestendere braccia o collo quando siamo in profondità. Movimenti eccessivi o violenti non sono necessari né opportuni.
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Miglioriamo e esercitiamo la flessibilità della gabbia toracica.
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Immergiamoci a profondità dove ci sentiamo a nostro agio ed evitiamo il panico.
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Iniziamo la risalita prima di avvertire le contrazioni in profondità.
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Prepariamoci con calma prima di iniziare ad immergerci in profondità.
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Evitiamo immersioni profonde subito dopo un lungo viaggio, soprattutto se abbiamo cambiato fuso orario e soffriamo per il jet lag. Aspettiamo di essere di nuovo in forma.
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Impariamo le tecniche per rilassarci in immersione, soprattutto in profondità, e concentriamoci per allentare la tensione specificamente attorno all’area toracica.
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Impariamo la tecnica Frenzel / Marcante-Odaglia per la compensazione perché efficace, delicata e utilizza poca aria.
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Se già abbiamo avuto episodi di PBT, riposiamo il giorno dopo un’immersione profonda, perché si è osservato che c’è un aumento del rischio di PBT il secondo giorno di immersioni, anche a scarse profondità.
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Se in immersione avvertiamo sintomi simili a quelli di un PBT precedente, interrompiamo l’immersione.
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Manteniamo l'allenamento alla profondità anche fuori stagione.
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Iniziamo ad espirare appena prima della superficie. Per utilizzare questa tecnica è necessario allenarsi prima.
Gestione del PBT:
La gestione del PBT segue i principi di base della gestione delle emergenze mediche, con il livello di cure aumentato o tenuto costante a seconda del quadro clinico iniziale e della progressione del problema.
Un buon protocollo comprende:
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Termine dell’immersione e messa in sicurezza del subacqueo infortunato.
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Termine di qualsiasi attività fisica. Lasciamo che il compagno d’immersione si occupi del galleggiamento e di trainare il subacqueo infortunato fino a dove è possibile uscire dall’acqua.
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Facciamo in modo che il subacqueo infortunato possa riposare e assicuriamoci che stia comodo.
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Se disponibile, facciamo respirare al subacqueo infortunato ossigeno al 100%.
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Cerchiamo di far bere l’infortunato se le vie aeree sono libere e il subacqueo è perfettamente cosciente, ma evitiamo l’alcol.
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Raggiungiamo al più presto i servizi medici d’emergenza a seconda della disponibilità e delle competenze. La linea d’emergenza del DAN è una buona scelta per un primo contatto: può essere di grande aiuto per accedere ai servizi medici perché gli operatori “parlano la lingua dei subacquei”.
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Sottoponiamoci a visita medica, possibilmente con un medico subacqueo, il prima possibile.
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Rimaniamo a riposo per almeno un paio di settimane e prima di ricominciare ad immergerci sarà meglio avere il nulla osta di idoneità alle immersioni da parte di un medico subacqueo.
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Pianificare prima è meglio che cercare di rimediare.
Conclusioni:
Il PBT genera curiosità ed è un tema molto dibattuto tra gli apneisti. C’è ancora molto da imparare al riguardo e ci sono molti modi per evitarlo e per limitarne i danni. Potrebbe veramente rappresentare la barriera assoluta, il limite insormontabile per l’apnea profonda? Chi può dirlo? Le barriere di oggi sono i trofei di domani. Nel frattempo, facciamo immersioni sicure e non dimentichiamo di godercele.