Foto: Marcello Di Francesco
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Tecniche di compensazione

I subacquei lo sanno bene: le epidemie di barotraumi durante crociere o settimane subacquee non sono imputabili alla vendetta di qualche entità soprannaturale, bensì ad errori nella compensazione. Il famigerato Spirito dei coralli morti rimane il sospettato principale di anomalie elettriche e misteriosi affondamenti, ma non sembra intervenire nell’orecchio del subacqueo.

Condizione innaturale

Compensare quando la pressione aumenta rapidamente non è una cosa esattamente naturale per l’essere umano. Compensiamo meccanicamente solo in condizioni particolari, come durante la fase di atterraggio in una cabina pressurizzata o mentre discendiamo nella colonna d’acqua. Venendo giù a piedi da una montagna un essere umano non ha bisogno di compensare. Gettandosi a capofitto dall’Eiger probabilmente sì, ma la natura di solito diffonde i geni di chi rimane vivo abbastanza a lungo per riprodursi. Ci sono indubbiamente alcuni, tra i subacquei, che compensano con una grande facilità, quasi senza accorgersene. Chissà se discendono da popolazioni che si sono avventurate sott’acqua. O giù dall’Eiger.

L’arte di compensare

Un subacqueo sa certamente come compensare, ma farlo nel modo e nei tempi giusti, pur non essendo questa una scienza spaziale, è un pelino più complesso che pinzare le narici e soffiare. I veri artisti, e i sacerdoti, in questo campo vengono dall’apnea. Non si curano della posizione (che per un apneista è quasi sempre a testa in giù) e riescono a far entrare aria nelle cavità preposte anche senza l’aiuto di gas compressi. Wow.

Valsalva, una manovra sopravvaluta

La tecnica più conosciuta ed utilizzata tra i subacquei è anche la più snobbata dagli apneisti per le sue scarse potenzialità. Prende il nome da Antonio Maria Valsalva, anatomista italiano del XVII secolo. Fu il primo ad annotare che questa manovra influiva sulla pressione intratoracica ed oggi è considerata una delle cause che favoriscono la migrazione di microbolle da un atrio all’altro in presenza di FOP1: Forame Ovale Pervio. Ma non è certo per il FOP che gli apneisti la snobbano: già a dieci metri, con aria prelevata a quota normobarica, esercitare una pressione addominale per ridurre il volume polmonare, serve a poco. Inoltre, espone al rischio di esercitare troppa pressione, con possibile danno all’orecchio medio e interno.

L’invenzione del Dottor Frenzel

Due secoli e mezzo dopo, e cioè nel 1938, lo ENT Specialist Dr. Hermann Frenzel, divenuto ufficiale della Luftwaffe, studia e divulga una tecnica per il comfort dei piloti degli Stuka, i famigerati bombardieri da picchiata. In questa tecnica entra in gioco la lingua che, spingendo aria verso l’alto e verso il retro del palato, crea una diminuzione volumetrica. E quindi un aumento pressorio, a glottide chiusa. Il palato molle è aperto e il naso tappato. La pressione fa sì che le tube si aprano. In alcune persone l’apertura delle tube viene agevolata da un effetto meccanico che permette alle stesse di aprirsi ad una pressione inferiore. La manovra di Frenzel può essere effettuata in due modi differenti. 100% in modalità pressoria: le tube si aprono solo grazie al movimento della lingua; oppure al 50% modalità pressoria e 50% meccanica: le tube si aprono grazie al movimento della lingua e la contrazione di alcuni muscoli del faringe superiore. Questa manovra, della quale esistono più versioni, riduce lo stress a carico dell’orecchio medio e lo sforzo compensatorio.

Handsfree 

Pinzare le narici tra pollice e indice, se in superficie è un gesto inequivocabile per segnalare cattivi odori, sott’acqua e tra i sub acquista tutto un altro significato: l’istruttore, o il compagno ci sta ricordando che dobbiamo compensare. Questo semplice gesto ci porta ad assimilare un concetto fuorviante: molti subacquei non sanno che si può compensare senzane anche sfiorare il naso. Con la tecnica handsfree il palato molle è pervio e consente l’apertura meccanica delle tube, mettendo in comunicazione cavità nasale e orecchio medio. La pressione all’interno dell’orecchio medio e la pressione ambiente durante la discesa, si compensano automaticamente. Siamo già a tre tecniche, ma per chi vuole superare i -30mt. in apnea potrebbero non bastare. Si ricorre allora alle versioni avanzate della manovra di Frenzel, della tecnica Handsfree e infine al Mouthfill. In quest’ultima tecnica l’apneista usa la bocca e le guance come una pompetta per spingere aria verso l’orecchio medio.

La posizione del subacqueo

Gli apneisti, tranne che nella disciplina No-Limits, scendono sempre a testa in giù. I subacquei possono permettersi di scendere (e compensare) più comodamente in piedi o in posizione orizzontale, ma compensare a testa in giù utilizzando la Valsalva può essere dannoso per un subacqueo.

Compensare in tempo

Se è vero che procedendo con l’attività si impara ad ascoltare meglio il proprio organismo, molti problemi dovuti a errori di compensazione resistono. Quante volte sono state le orecchie a ricordarci che avremmo dovuto compensare? Malgrado i manuali siano chiarissimi nel suggerire di compensare prima di sentirne la necessità, e di risalire un poco qualora si avvertisse disagio, spingere forte a naso tappato è un’abitudine sempre meno diffusa, ma ancora dura a morire.

Logopedia per subacquei

Ottenere il controllo dei muscoli del proprio corpo è un’antica sfida dei Sapiens. Per camminare in posizione eretta, parlare, cantare, digitare o suonare su una tastiera, il nostro corpo richiede un coordinamento preciso tra il nostro sistema muscolare e il sistema nervoso, ovvero una consapevolezza avanzata. Un aspetto della logopedia si occupa dell’educazione dei muscoli e degli organi preposti alla fonazione. Questo aspetto è diventato parte integrante dell’educazione del subacqueo che vuole ottenere una performance migliore, e più sicura, durante la discesa. Chi l’avrebbe mai detto che muovere bene la lingua, o fonare la T, la Ca e la N sott’acqua avrebbero reso la subacquea più confortevole e più sicura?


Per saperne di più:

 


Sull’autore

Membro DAN dal 1997, Claudio Di Manao è Istruttore subacqueo PADI e IANTD, a Sharm el Sheikh in Egitto scrive e pubblica ‘Figli di Una Shamandura’, il primo di una fortunata serie di libri ironici sulla vita di subacquei e istruttori in Mar Rosso. Collabora con magazine, radio e quotidiani a diffusione nazionale occupandosi dei temi che più gli stanno a cuore, come l’ambiente marino, i viaggi e la sicurezza in mare. Tra le sue collaborazioni: Corriere del Ticino, ImperialBulldog, Radio Svizzera, Alert Diver, ScubaZone, Nereus.

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