I centri iperbarici del DAN Europe Network – Barcellona

La Spagna è tra i paesi europei che attraggono il maggior numero di turisti subacquei. Luoghi famosi come la “Costa Brava”, gli arcipelaghi delle Baleari e delle Canarie e tutto il litorale, con i loro parchi marini, conquistano molti turisti, sia spagnoli che da tutto il mondo. Il clima mite e la facilità dei trasporti fanno sì che i subacquei godano di un soggiorno piacevole. Negli anni '70 e '80, l'ampia diffusione della subacquea ricreativa rese necessario l'utilizzo delle terapie ricompressive, per le quali l'Unità di terapia iperbarica CRIS-UTH era già all'avanguardia. Grazie all'iniziativa del Dott. Jordi Desola, la CRIS-UTH aderì a quello che al tempo era solo l'inizio del DAN Europe di oggi. In questa regione (Spagna, Portogallo e Andorra), il DAN Network è ora rappresentato a livello locale dal DAN Ibérica, del quale il Dott. Desola è Direttore.

Oggi incontriamo il Dott. Desola per fargli alcune domande sul Centro iperbarico che coordina a Barcellona.

CP: La medicina subacquea ha un'antica tradizione in Spagna. La CRIS-UTH, recentemente ristrutturata, è un punto di riferimento per tutta la Spagna, sia per i subacquei che per i non subacquei. Può dirci qualcosa di più su come opera questo nuovissimo centro, e perché avete deciso di trasferirvi all'ospedale Broggi Moises di Sant Joan Despi, vicino a Barcellona?

JD: A Barcellona le immersioni con autorespiratore iniziarono nel 1947; nel 1954 quei pionieri fondarono il CRIS, il Centro di Recupero e Ricerche Subacquee, che è quindi un'istituzione con una lunga storia nel campo della subacquea. Il primo impianto monoposto per la ricompressione venne costruito nel 1959. Nel 1965, la camera iperbarica multiposto, costruita per curare solo casi di incidenti decompressivi, venne collocata inizialmente nell'Ospedale della Croce Rossa di Barcellona. Fino agli anni '80, il numero di casi trattati era tra i cinque e i dieci l'anno. Poi, nel 1980, l'ospedale più importante di Barcellona ci chiese di trattare un non subacqueo: si trattava di un ragazzo di 14 anni, affetto da osteomielite cronica refrattaria alla mascella, che rischiava la disarticolazione. Lo stavano curando con ossigenazione iperbarica in una camera monoposto che, a causa di problemi tecnici, era divenuta inutilizzabile. 

Rispondemmo che non eravamo ancora pronti, dato che la nostra camera non era monoposto e poteva accogliere solo diversi subacquei alla volta. Inoltre, era stata progettata per subacquei (ossia per persone che erano in buone condizioni fisiche prima di subire un incidente). Accettando quel paziente, avremmo utilizzato la camera ogni giorno per il trattamento di un'unica persona con limiti fisici. Per di più, non avremmo potuto usare l'ossigeno iperbarico, come era necessario per quel paziente, perché la camera non era stata progettata per questo, e a quel tempo ci era consentito solo l'uso di aria compressa.

Dovemmo introdurre nuove norme di sicurezza, con molte complicazioni e qualche rischio! Il 28 aprile 1980 trattammo per la prima volta quel paziente. Un paio di settimane più tardi ricevemmo un secondo caso di osteomielite e, alcuni giorni dopo, un terzo caso. Da allora non abbiamo interrotto l'uso della camera nemmeno per un giorno!
Ora trattiamo più di 30 pazienti al giorno … rispetto ai 10 all'anno dei primi tempi! Per questo motivo, iniziammo a pensare di convertire la vecchia camera iperbarica per subacquei in un centro clinico di medicina iperbarica, dove poter assistere pazienti che avrebbero tratto beneficio dall'ossigeno iperbarico.

Ci serviva una camera più grande, più moderna, con capacità di terapia intensiva e di ogni tipo di terapia disponibile. Nel 1998 avemmo l'occasione di procurarci la camera di un altro ospedale spagnolo che era stato chiuso. Poi, nel 2008, aprimmo una struttura iperbarica in un nuovo ospedale, che aveva una camera ristrutturata. Questo ci consentiva di trattare 18 pazienti per volta, il che significa 36 pazienti al giorno, a parte le emergenze. Adesso trattiamo ogni anno 200 casi di avvelenamento da monossido di carbonio, circa 20-25 incidenti subacquei e un centinaio di malati di cancro che soffrono di complicanze prodotte dalla radioterapia.

I pazienti sono per la maggior parte non subacquei, ma i sub possono beneficiare dell'efficienza di questa nuova camera, che è in funzione ogni giorno ed è in condizioni ottimali. Abbiamo una squadra composta da operatori di camera iperbarica, infermieri specializzati in terapia iperbarica, medici in servizio e disponibili 24 ore al giorno, e possiamo così mantenere i servizi di emergenza DAN.

CP: Di fatto, questa unità è famosa nella comunità subacquea come un ottimo centro iperbarico.

JD: Facciamo del nostro meglio! Nel corso degli anni abbiamo ascoltato i suggerimenti dei subacquei. Non solo curiamo molte più persone, provenienti da tutto il paese, ma forniamo la terapia migliore e la più specialistica disponibile per ciascuno. Non tutti i centri e le camere iperbariche sono in grado di curare pazienti con danni da immersione in condizioni estremamente gravi. Grazie alle campagne di prevenzione, il numero di incidenti subacquei è fortunatamente molto basso ma, quando accadono, possono essere estremamente gravi e richiedere terapia intensiva.

CP: Approfondiamo questa relazione tra il mondo della subacquea e la medicina generale. DAN sta conducendo ricerche tramite il suo DSL (Diving Safety Laboratory), affrontando questioni legate non solo alla subacquea, ma anche alla medicina generale. Qual è la sua opinione su questi sviluppi?

JD: La storia della ricerca nella medicina subacquea ha attraversato diverse fasi: militare, petrolifera/offshore/commerciale … Ora è il settore ricreativo ad avere il maggior numero di subacquei, settore nel quale un'istituzione come il DAN ha un ruolo fondamentale. Ho avuto il privilegio di essere uno dei co-fondatori del DAN, insieme al Prof. Marroni. La nostra collaborazione è iniziata nel 1980, quando unimmo il lavoro fatto autonomamente sino ad allora.

CP: Parliamo della sua esperienza nel trattamento di subacquei e di non subacquei. C'è una storia particolare, di un caso o un paziente, che le piacerebbe condividere?

JD: Nel 1978 stavo ancora lavorando nella vecchia camera iperbarica. Un giorno avevamo quasi finito il trattamento a due subacquei olandesi, quando arrivò un subacqueo di 18 anni. Come ho detto prima, allora non ci era consentito l'utilizzo dell'ossigeno, quindi dovemmo riportare gli olandesi a 50 metri per poter far entrare il giovane subacqueo, così da essere un totale di cinque persone nella camera. Il giovane, le cui condizioni stavano drasticamente peggiorando, venne compresso a 50 metri e dovemmo completare un'intera Tabella 4 US Navy: ci vollero due giorni… Per fortuna oggi non succede più!

I subacquei non devono dimenticare che, anche se fare immersioni è divertente, gli incidenti possono accadere. Una volta affrontammo un caso di semi-annegamento ed embolia gassosa arteriosa, in combinazione con febbre e polmonite. Dopo il trattamento iperbarico il paziente si sentiva meglio, ma la febbre non scendeva. Consultammo uno specialista in medicina interna, e al paziente venne diagnosticato il linfoma di Hodgkin.

Da medico, consiglio ai subacquei di tenere sempre a mente che gli infortuni da immersione necessitano cure mediche. Non bisogna mai sottoporsi a terapia iperbarica senza assistenza medica, ma sempre sotto la supervisione di un medico!

CP: Quindi, il messaggio è: Fidatevi del DAN e dei centri iperbarici raccomandati dal DAN!

JD: Questa è una delle missioni più importanti del DAN: scegliere un centro iperbarico adeguato per un subacqueo infortunato e offrire il miglior trattamento di cui ha bisogno. Quando si sceglie un centro, tra i fattori più importanti non c'è solo la distanza dal luogo dell'incidente, ma anche le sue condizioni e l'assistenza di follow-up.

CP: Qual è il messaggio conclusivo per i subacquei?

JD: La sicurezza inizia con la prevenzione. Spero perciò che chi legge tenga bene in mente i preziosi consigli per immersioni sicure pubblicati in questa rivista, così da non dover mai avere a che fare con la medicina subacquea in prima persona, oltre a questo articolo!

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