Mancare di un soffio

Come iscritti DAN sapete che il DAN raccoglie regolarmente dati sui danni da immersione. Un numero piccolo, ma crescente, di casi segnalati al DAN riguarda una condizione un tempo considerata piuttosto rara, l’edema polmonare da immersione (con acronimo inglese IPE). Quando si verifica, nei polmoni del subacqueo, o del nuotatore in superficie, si accumula del liquido. I casi di IPE sono aumentati; il perché dell’aumento non è chiaro. La condizione stessa non è del tutto capita ma, dato che si sta verificando più spesso, i subacquei devono esserne a conoscenza.

Come ci si sente?

Tra i sintomi c’è il respiro corto, la sensazione di non poter avere abbastanza aria in profondità, spesso dopo solo pochi minuti in acqua. Tipicamente i sintomi iniziano prima della risalita. Mentre il subacqueo risale non avverte miglioramenti, anzi, di solito emette espettorato schiumoso roseo. Il liquido nei polmoni può ridurre la quantità di ossigeno che raggiunge il sangue. La respirazione può essere rumorosa e udibile senza stetoscopio. La condizione si verifica solitamente dopo appena pochi minuti in acqua poco profonda e non viene perciò confusa con la malattia da decompressione cardio-polmonare (o "chokes"). Il dolore toracico è generalmente assente, a meno che non sia in corso un attacco di cuore. Se il subacqueo non ha abbastanza ossigeno può mostrarsi confuso o perdere conoscenza.

Come succede?

In passato si pensava che l’IPE si verificasse quasi esclusivamente in acqua fredda. Ora, sebbene sembri più frequente in acque fredde, è stata segnalata anche in acque calde. Durante l’immersione, il sangue viene redistribuito dalle gambe al cuore e ai vasi sanguigni nei polmoni. Normalmente cuore e polmoni compensano questo afflusso, ma a volte l’aumento di pressione nei vasi sanguigni fa sì che il liquido attraversi i capillari invadendo gli spazi polmonari contenenti gas. Questo può succedere per un infarto del miocardio, per anomalie del muscolo o delle valvole cardiache, o a causa dell’ipertensione. Solitamente non c’è una causa evidente. L’acqua fredda può essere un fattore predisponente, perché può causare il restringimento delle piccole arterie, aumentando la resistenza al flusso sanguigno. La vasocostrizione in risposta al freddo può essere esagerata in persone con ipertensione, o con possibilità di svilupparla. Ma si sono verificati casi di IPE in persone giovani e sane, persino in reclute militari. I dati indicano che vennero segnalati al DAN 15 casi di IPE nel 2006, 12 nel 2005 ed è probabile che altri casi non siano stati segnalati. L’aspirazione di acqua, detta episodio di sommersione, può essere simile all’IPE, e le due condizioni possono verificarsi contemporaneamente: quando un subacqueo riemerge e si sente soffocare, tipicamente reagisce togliendo l’erogatore dalla bocca nel tentativo di ottenere più aria. Con mare mosso, il subacqueo può aspirare, ossia respirare, acqua. La sovradistensione, o barotrauma, polmonare (BTP), è un’altra condizione che può causare mancanza di respiro. Un medico potrà distinguere tra queste condizioni tramite un accurato resoconto della tempistica dei sintomi. Se la mancanza d’aria è iniziata durante la discesa, un barotrauma è improbabile. Un subacqueo cosciente normalmente può confermare l’aspirazione di acqua.

Il trattamento per l’IPE

Tra le cure immediate c’è la respirazione di ossigeno durante il trasporto in ospedale. Alcuni casi di IPE sono fatali, ma la maggior parte si risolve autonomamente in ospedale. Un esame approfondito può rivelare ipertensione, un infarto, malattie delle valvole cardiache o un’alterazione delle contrazioni del cuore. Chi ha avuto un IPE teme che possa ripetersi, ma purtroppo le probabilità di una recidiva non sono note; molti medici sconsigliano quindi ai subacquei colpiti da IPE di tornare ad immergersi, mentre altri consigliano di assumere farmaci antipertensivi prima di ogni immersione. Il DAN raccomanda di consultare un medico competente in materia, prima di pensare di riprendere le immersioni dopo un IPE. Inoltre, il DAN sostiene le raccomandazioni della American Heart Association per quanto riguarda la valutazione del rischio cardiovascolare. Le immersioni andrebbero considerate come un programma di allenamento. Le persone sopra i 40 anni che vogliono iniziare o continuare ad immergersi devono sottoporsi a valutazione medica se:

  • non effettuano almeno 30 minuti di attività fisica di moderata intensità (40-60 per cento della capacità massima) tutti i giorni o quasi;
  • soffrono di ipertensione, colesterolo alto, fumano sigarette, hanno storie familiari di morti premature per malattie cardiache o diabete;
  • hanno una sospetta cardiopatia.
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