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Perché si va sott’acqua?

Avete mai immaginato un mondo alternativo, dove si può volare tra un picco d’una montagna e l’altro, fare capriole con strane creature, senza cadere mai? Un mondo pieno di esseri fantastici, dove ci si sente davvero senza peso ma non c’è bisogno di una navicella spaziale per arrivarci? Ecco, quel mondo esiste ed è molto più vicino di un pianeta strambo in un lontano universo, quel mondo è il Mare: il più grande luna park del pianeta Terra.

Nel passato gli uomini che andavano sott’acqua cercavano cose da portare su. Cercavano spugne, ostriche, cercavano coralli… e tesori nelle stive di navi affondate. Poi s’accorsero che il bene più prezioso del Mare era lì, tutto intorno, era tutto da guardare, da esplorare e non da portar via. Scoprirono che la vera ricchezza era starsene lì sotto, in compagnia di fantastiche creature come delfini, foche, tartarughe. In quel regno dove le balene non ingoiano nessun Pinocchio, e Nemo e i suoi parenti se ne stanno tranquilli nelle loro case, gli anemoni, e non si allontanano mai troppo.

Se siete curiosi e avete una certa passione per la Storia, o per l’antiquariato, sul fondo del Mare c’è finito di tutto: aerei, carri armati, motociclette, automobili, elicotteri. E ovviamente tante navi, ognuna col suo carico, la sua storia.

Altre cose, invece, le hanno affondate di proposito. In molti luoghi i governi hanno affondato grandi navi. Le hanno affondate, dopo aver tolto gli inquinanti, per offrire nuove attrazioni ai turisti subacquei, realizzando allo stesso tempo nuovi habitat per pesci, coralli e una grande varietà di abitanti del mare.

Altri manufatti sono stati posati sul fondo per scopi scientifici. Alcuni sembrano proprio navicelle spaziali. Una di queste astronavi poggia su un bel fondale di venti metri in Florida, si chiama Aquarius ed è un laboratorio sottomarino permanente della NOAA, l’ente americano che studia l’atmosfera terrestre e gli oceani, e l’ha fatto, pensate un po’, d’accordo con la NASA, l’ente spaziale americano. Da quella stazione sommersa scienziati e ricercatori possono studiare l’ambiente marino, e la NASA può mettere alla prova i suoi astronauti e le sue attrezzature con test di permanenza in ambiente estremo. In fondo l’avevamo detto, andare sott’acqua è come andare nello spazio, o no?

Un altro laboratorio è in Mar Rosso, davanti alle coste del Sudan. Ecco: quello sembra proprio un disco volante. Si chiama Precontinente e adesso è una cupola metallica abbandonata. Ce l’ha messo un signore francese che avrete senz’altro sentito nominare dagli zii subacquei: un certo Jacques Cousteau.

Il signor Cousteau, ma sarebbe più opportuno chiamarlo Comandante Cousteau, è stato un grande uomo di mare con un grosso naso e un berretto rosso di lana, fu uno studioso che esplorò tutti gli oceani misurando le correnti, osservando e contando le specie marine, girando tantissimi film e documentari, ma soprattutto inventò alcune attrezzature e ne migliorò altre che oggi sono d’uso comune, così comune che tutti possono utilizzarle, rendendo il fondo del mare forse meno misterioso di un tempo ma sicuramente più accessibile. Oggi chiunque abbia compiuto otto anni può già immergersi, a bassa profondità e in compagnia di un istruttore, mentre per un brevetto di primo livello basta averne compiuti dieci. Quello con il Mare è un contatto importante dal quale dipende il futuro del nostro pianeta e quindi il nostro futuro di esseri umani. Conoscere il Mare da dentro può aiutare a salvarlo, a prenderci cura di quelle creature fantastiche che lo popolano. E adesso che avete iniziato a capire perché gli zii sub si affannano a riempire la macchina con quelle strane attrezzature, vi chiederete a cosa servono tutte quelle cose che si portano dietro, e perché siano così indispensabili. Servono, in sostanza, a risparmiare i soldi dei viaggi spaziali.

Come si va sott’acqua?

I subacquei si muovono in un ambiente diverso da quello per cui gli esseri umani sono stati progettati. Per riuscirci hanno accumulato una serie di conoscenze, migliorato le tecnologie, messo a punto tecniche sempre nuove, sempre più facili e sicure. Un lungo processo di adattamento all’ambiente acquatico, dove tantissime regole cambiano. Alcune, come l’assenza di peso, cambiano a nostro vantaggio.

Vedere – Sott’acqua, a patto che si riesca a tenere gli occhi aperti, la visione è nebulosissima, vediamo solo grandi macchie. Questo perché nostri occhi sono fatti per vedere e mettere a fuoco nell’aria. Lo scopo della maschera, l’oggetto sicuramente più familiare di tutti, è quello di permetterci di vedere mettendo aria, e un vetro s’intende, tra i nostri occhi e l’acqua. Le maschere da sub devono includere il naso, le altre vanno bene solo per il nuoto in superficie.

Nuotare – Scommetto anche che sapete cosa sono le pinne e a cosa servono. Come funzionano? Aumentando la superficie del piede ci consentono una spinta maggiore mentre nuotiamo, sia in superficie che in immersione, rendono più comoda e meno faticosa la nostra esperienza subacquea.

Respirare – Per respirare sott’acqua come fanno i pesci dovremmo avere le branchie, ma per farle crescere bisognerebbe aspettare qualche milione di anni, quindi meglio usare il famoso erogatore. Se invece volete immergervi trattenendo il respiro imitando delfini, foche, balene e tartarughe, ci sono le scuole di apnea. Gli apneisti, per perlustrare i fondali mentre sono in superficie, usano lo snorkel o tubo. Il tubo ci consente di respirare rimanendo con la maschera immersa, così che possiamo continuare a vedere cosa c’è sotto la superficie. L’erogatore è un congegno di precisione che consente di respirare sott’acqua anche a chi non ha le branchie. Collegato a una bombola che di solito i sub portano sulle spalle, erogherà tutta l’aria che serve. Sentirete parlare di elio e di ossigeno. Quei gas li usano solo i subacquei tecnici o quelli che svolgono lavori a grandi profondità. Se andate sott’acqua voi, con la mamma, il papà o con la zia sub, state tranquilli che respirerete aria, niente altro che aria, pulita e filtrata.

Freddo o caldo – In acqua, anche quando sembra solo un po’ fresca, ci raffreddiamo molto velocemente. Questo perché l’acqua trasmette il calore più rapidamente dell’aria. Per questo i subacquei usano la muta. Si chiama così perché a volte sembra quasi una seconda pelle, ma in alcuni casi può essere grande e floscia e fa sembrare i subacquei degli astronauti, o dei guerrieri medievali. Si usa quella stagna, cioè a tenuta d’acqua, per le acque molto fredde, e quella umida, che d’acqua ne lascia entrare solo un po’, nelle acque temperate. Nelle calde acque tropicali i subacquei s’immergono in costume da bagno o al massimo con indumenti leggerissimi che proteggono dalle scottature.

Galleggiare, affondare o… volare?

I pesci per controllare la loro profondità hanno una vescica natatoria, che dilatano o comprimono a piacimento. In questo modo cambiano il loro volume e, in base alla loro decisione, salgono, scendono… oppure si mantengono a mezz’acqua, senza salire né scendere, per nuotare senza fatica. Noi invece ricorriamo alla tecnologia e usiamo il GAV (Giubbetto ad Assetto Variabile), una specie di salvagente al quale spesso agganciamo la bombola. Regolando il gonfiaggio del GAV possiamo galleggiare in superficie con la testa fuori dall’acqua, oppure scendere e posarci sul fondo. Se regolato bene, ci permette di nuotare senza sforzo, senza salire né affondare.

A cosa serve la zavorra?

Sono sicuro che almeno uno sguardo perplesso, per non dire preoccupato, l’avete già rivolto a quel cinturone pieno di piombo che usano i subacquei. Ebbene, con tutte quelle cose addosso, maschera, pinne, GAV… ma soprattutto la muta, quasi tutte tendono a galleggiare, un subacqueo rimarrebbe in superficie come fanno i grossi insetti, o i turaccioli, quando invece lo scopo di un sub è stare giù! Allora, per riequilibrare tutto, bisogna indossare quei brutti pesi di piombo. 

Come ci si sente sott’acqua?

Bene, ci si sente benissimo, da astronauti. C’è un bel silenzio intorno. Se si usa un erogatore si sente solo il proprio respiro mentre inaliamo e il gorgoglio delle bolle quando buttiamo fuori l’aria, e se ci si immerge in apnea si sente solo il rumore di qualche bolla che scappa dalla maschera o dal tubo. Mentre iniziamo a scendere, però, dobbiamo saper aggiustare la pressione interna alle orecchie e alla maschera. L’acqua è molto più pesante dell’aria, quindi quella strana sensazione sulle orecchie che sentite scendendo da una montagna o mentre atterrate con un aereo di linea, si avverte già in pochi centimetri di profondità. E la pressione, che in acqua aumenta velocemente, la sentiamo soprattutto nella maschera e nelle orecchie. La tecnica che riporta equilibrio tra il nostro corpo e la pressione esterna si chiama compensazione. Ci sono tanti modi per compensare, come il deglutire, o lo stringere il naso e soffiare, tante tecniche che qualsiasi istruttore certificato è in grado di spiegarvi e farvi mettere in pratica. Fatto questo si svolazza qua e là, facendo attenzione a non andare su e giù troppo velocemente, e a non infastidire la vita marina. Il massimo del comfort, per le orecchie e per la nostra salute in generale, lo si ottiene rimanendo allo stesso livello, oppure scendendo e risalendo molto lentamente.

Sott’acqua ci si va seguendo delle regole. Regole semplici e che tutti sono in grado di capire e di seguire, ma per conoscerle bene ed essere sicuri non solo di averle capite, ma anche di poterle mettere in pratica, bisogna seguire un corso. Non è infatti cosa furbina imparare da soli ad andare sott’acqua, o imparare da persone che non sono state addestrate ad insegnarlo.

L’esperienza conta, ma agli istruttori subacquei è stato insegnato qualcosa di speciale: è stato insegnato loro come insegnare e, soprattutto, a prendersi cura di chi sta imparando ad immergersi, della sua salute e della sua sicurezza.


Sull'autore

Membro DAN dal 1997, Claudio Di Manao è Istruttore subacqueo PADI e IANTD, a Sharm el Sheikh in Egitto scrive e pubblica 'Figli di Una Shamandura', il primo di una fortunata serie di libri ironici sulla vita di subacquei e istruttori in Mar Rosso. Collabora con magazine, radio e quotidiani a diffusione nazionale occupandosi dei temi che più gli stanno a cuore, come l'ambiente marino, i viaggi e la sicurezza in mare. Tra le sue collaborazioni: Corriere del Ticino, ImperialBulldog, Radio Svizzera, Alert Diver, ScubaZone, Nereus.


Questo testo è parte della pubblicazione Com'è profondo il mare, inserito nella Collana del FARO, edita dall'Istituto per l'Ambiente e l'Educazione Scholè Futuro Onlus, in collaborazione con il Pianeta Azzurro e DAN Europe, per il progetto Scuola d'aMare. Di questa collana fanno parte testi agili, di facile consultazione e utilizzo su grandi tematiche ambientali e sociali.


Testi: Stefano Moretto, Mario Salomone, Massimo Boyer, Claudio Di Manao, Cristian Pellegrini.

Grafica, illustrazioni e impaginazione: Francesca Scoccia.

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